Il MES è morto, e l’assassino è Mario Draghi.

Quando ho iniziato nel 2012 la battaglia contro il MES, ho sin da subito creduto che il nemico numero uno fosse l’allora presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi.

Dopo tanti anni e con un po’ di studi alle spalle, devo dirvi che probabilmente non solo non è così, ma che Draghi è stato il principale oppositore del MES, e a quanto pare la sua strategia – che adesso vi spiego qual è – è andata a buon fine.

Tutto è iniziato nel 2012, quando l’ex presidente della BCE pronunciò la celebre frase «whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough» (farò di tutto per salvare l’euro. E credetemi, sarà abbastanza). Tale frase ha avuto un ruolo cruciale nel rientro della crisi dello spread, e quindi nel salvataggio dell’Eurozona dal tracollo dei mercati.

Questa storia la conosciamo tutti. Ma queste parole rivelano molto altro.

Il 2012 va infatti ricordato anche per un altro importante evento: la comparsa del MES nello scenario europeo. Il MES (prima definito Troika) è stato sin da subito chiamato «fondo salva stati», nel tentativo di invocare qualcosa di positivo per i cittadini. In verità si è trattato di tutt’altro, perché il MES è un’organizzazione intergovernativa finanziaria che prevede che gli stati in difficoltà che richiedono un prestito debbano sottostare ad una serie di condizioni che altro non sono che stringenti politiche di austerità, tra cui principalmente tagli al settore pubblico come sanità, scuola, assistenza ai più deboli, ecc. Non solo, il MES si spinge sino al punto da pretendere riforme del lavoro in senso peggiorativo e contratta con lo stato in difficoltà finanche il cosiddetto prelievo forzoso sui conti correnti, come accaduto a Cipro.

Nel mio sito trovate tanti approfondimenti sull’argomento.

Il governo Conte ha più volte tentato di chiedere a nome dell’Italia un prestito a MES, cosa che avrebbe sottoposto il paese al commissariamento. Travolto da una valanga di polemiche, ha lanciato l’ipotesi di un ricorso al MES senza condizionalità (tecnicamente le riforme imposte prendono questo nome). Come ho già detto in un’intervista, e come poi confermato dalla stessa Germania, il MES senza condizionalità è impossibile.

Nel frattempo l’emergenza coronavirus spinge il paese verso una prospettiva di crisi economica devastante. Anche volendo far finta che il MES sia una cosa buona, le risorse non sarebbero comunque sufficienti per l’Eurozona.

Subentra un’altra crisi dello spread, e la nuova presidente della BCE Lagarde fa dichiarazioni clamorose (poi vi spiego bene perché clamorose): «Non siamo qui per chiudere gli spread. Questa non è la funzione o la missione della BCE. Ci sono altri strumenti e altri attori per gestire queste questioni». In pratica, fa esattamente l’opposto di Draghi, che aveva invece appunto sostenuto che non solo la BCE poteva e doveva intervenire, ma che ciò sarebbe stato sufficiente. Lagarde invoca altri soggetti, ed il riferimento è ovviamente anche al MES.

Travolta anch’essa da una valanga di critiche, Lagarde fa un passo indietro, e la BCE interviene con il Quantitative Easing.

L’emergenza intanto si aggrava, e nell’incertezza generale appare chiaro che le risorse messe in campo dal governo italiano non sono sufficienti.

Ad un certo, irrompe nella scena nuovamente Mario Draghi, che con una lettera pubblicata sul Financial Times dice cose dirompenti rispetto alla linea prevalente in Europa e tra i liberisti e i fan del rigore. Draghi sostiene che in una situazione di emergenza come quella attuale non bisogna avere esitazioni nel mettere da parte i vincoli di bilancio, lo stato deve intervenire per sostenere famiglie, imprese e lavoratori con strumenti forti e incisivi, liquidità, sussidi e taglio delle tasse (quindi non solo un rinvio).

A questo punto – anche perché in Parlamento ha trovato una certa ostilità da parte del M5S, della LEGA e di LeU – Conte capisce che se continua a far da solo nel proporre il MESrischia non solo una crisi istituzionale, ma anche un crollo di popolarità in favore di Draghi, per cui oggi si discute di una sua possibile candidatura a premier.

La questione MES però è solo rimandata, tra quindici giorni l’Eurogruppo di riunirà per tentare di trovare una posizione condivisa, ma vi sono forti dubbi perché la Germania e l’Olanda non sembrano avere alcuna intenzione di ricorrere ai coronabond o al MES senza condizionalità in favore di Italia, Francia e Spagna.

Questo è il punto della situazione.

In verità, queste notizie nascondo fatti ben più dirompenti, celano una guerra sotterranea iniziata nel 2012 tra Mario Draghi e la Germania, che spiega il motivo per cui Draghi è intervento in un momento specifico: il rischio che la BCE non facesse il suo mestiere e che questo avrebbe lasciato campo libero all’attivazione del MES con condizionalità.

I più attenti avranno di certo notato che in questo racconto manca un fatto importante che lo rende incoerente: quando Mario Draghi lanciò nel 2012 il programma OMT per salvare l’Eurozona disse che i paesi ne avrebbero beneficiato soltanto in cambio della richiesta di attivazione di un prestito al MES.

Vista in questo modo, non si può far altro che dire che Draghi era favorevole al MES.

Ma andiamo più in fondo.

Nello stesso anno, accade un fatto incredibile che è stato sottovalutato dall’opinione pubblica: un gruppo di tedeschi accusa la BCE di Mario Draghi di violare i trattati fondamentali con il lancio dell’OMT, sostanzialmente perché viola il divieto di finanziamento dei bilanci degli stati (artt. 123 e 125 TFUE) e perché viola i limiti del proprio mandato (artt. 119 e 127 TFUE).

L’accusa finisce dinanzi alla Corte Costituzionale tedesca che rinvia, con un atteggiamento non certo euro amichevole, alla Corte di Giustizia Europea (CGE).

Qui occorre una parentesi.

Il timore dei tedeschi è quello che con il sostegno della BCE, gli stati in difficoltà non mantengano il rigore di bilancio e non attuino le riforme di austerità necessarie a tal fine, cosicché la Germania si ritrovi a correre il rischio di doversi accollare il debito degli altri (questo ovviamente è tutto da dimostrare).

Dobbiamo però chiederci a questo punto: perché la Germania teme una tale situazione dato che l’OMT della BCE era subordinato all’adesione al MES, che vincola gli stati proprio al rispetto di quei presupposti?

Semplice: è stato sufficiente l’annuncio del programma OMT (mai attuato!), ossia la garanzia dell’impegno della BCE, a tranquillizzare i mercati. Tenuto conto che poi la BCE è successivamente intervenuta con altri strumenti a sua disposizione. Draghi ovviamente sapeva quello che faceva.

L’Italia, il paese forte per eccellenza colpito nel 2012 dalla crisi dello spread ha beneficiato della sua dichiarazione e non ha fatto ricorso al MES, sebbene abbia con il governo Monti attuato politiche di austerità. Ma una cosa è avere un governo che per un periodo di tempo limitato, in modo più o meno autonomo, ricorre all’austerità. Altra cosa è sottoporsi formalmente al MES per un tempo indefinito: i protocolli d’intesa possono durare anche decenni.

Il timore dei tedeschi è dunque fondato: se interviene la BCE, i governi potrebbero anche fare a meno del MES.

Chiusa la parentesi, ritorniamo alla disputa giurisprudenziale, perché è ovvio che non possiamo trarre la conclusione che Draghi sia contro il MES per la sola circostanza che ha abilmente composto una frase che ha neutralizzato il MES, quanto meno in Italia (altri paesi hanno dovuto farvi ricorso, ne parliamo in un altro momento).

La Corte di Giustizia Europea emette la sentenza Gauweiler in cui sostiene che non è vero che la BCE ha violato il suo mandato, e nel farlo fornisce una serie di interessanti paletti (molti già fissati nella sentenza precedente sul MES, nota come caso Pringle) basati sulla difesa di Draghi, e che avranno un preciso risvolto politico: rafforzare la capacità di intervento della BCE con il ridimensionamento del MES.

Attenzione, la Corte non dice mica esplicitamente questo, ma lo lascia intendere, principalmente quando afferma che anzitutto la politica monetaria è di esclusiva competenza della BCE, e che la crisi dello spread rientra tra le sue cause di intervento. Mentre ribadisce che il MES svolge funzioni di politica economica, quindi il concetto di stabilità finanziaria del MES attiene a delle ipotesi di non meglio precisate crisi finanziarie possibilmente identificabili nell’incapacità degli stati di reperire risorse finanziarie nel mercato.

Ma il passaggio cruciale è il seguente: vero è che la CGE ricorda che l’OMT prevedeva il ricorso al MES e alle condizionalità, ma è anche vero che ribadisce più volte il principio di indipendenza della BCE, tale per cui il richiamo al MES è per la BCE una facoltà e non un obbligo, considerato anche che l’OMT è uno dei tanti strumenti attivabili dalla BCE. Altrimenti, significherebbe ammettere che la politica monetaria della BCE è sottomessa alla politica economica, tra l’altro non di una istituzione europea ma di una organizzazione intergovernativa come il MES. Impensabile.

La partita poteva sembrare essere stata chiusa con un giudizio finale di compromesso da parte della Corte Costituzionale tedesca, che ha ridato il suo parere dopo la sentenza della CGE.

Francamente non ci voleva molto a dubitare di questa pace, perché anche in ragione di vuoti normativi importanti nell’ordinamento europeo, difficilmente i tedeschi erano disposti ad ingoiare il rospo.

La BCE finirà non a caso nuovamente sotto accusa appena qualche anno dopo. Sul mirino finiscono le attività di acquisto del settore pubblico sui mercati secondari (PSPP, meglio note come QE) realizzare tra il 2014 e il 2016, nonché la decisione della BCE sull’ammissibilità degli strumenti di debito negoziabili emessi o pienamente garantiti dalla Repubblica ellenica.

Ancora una volta, la CGE emette una sentenza (caso Weiss) in cui non soltanto ribadisce la legittimità delle manovre poste in essere dalla BCE, ma ne rafforza il potere, nel momento in cui specifica ancor meglio che l’accusa che la BCE possa interferire sulla politica economica degli stati membri è infondata, poiché è inevitabile che ciò accada, e che ad ogni modo i trattati non hanno inteso fissare una distinzione netta tra politica monetaria e politica economica, e che inoltre sia inevitabile che ciò abbia effetti sulla crescita economica. La cosa importante è che gli interventi della BCE abbiano come fine un obiettivo di politica monetaria, ossia la stabilità dei prezzi.

Anche questa volta i toni del rinvio della Corte Costituzionale tedesca non sono stati euro amichevoli, e la stessa si è riservata di decidere definitivamente il 5 maggio 2020, cosa che potrebbe effettivamente avere pesanti ripercussioni sul futuro dell’Europa.

Sin qui, il quadro delineato è abbastanza chiaro: la BCE può intervenire eccome in caso di crisi, e non è vincolata a nessun altra decisione di organismi esterni, a meno che non decida di farvi essa stessa riferimento.

In pratica, mediante una raffinata strategia difensiva, la BCE di Mario Draghi ha lasciato ai posteri una Banca Centrale assolutamente legittimata ad intervenire senza MES, anche con strumenti non convenzionali.

Non a caso, dopo la sbandata iniziale, Lagarde ha rilanciato il Quantitative Easing senza alcun riferimento al MES.

A questo punto, è il caso di rileggere con attenzione e per intero la famosa frase pronunciata da Draghi nel 2012: farò di tutto per salvare l’euro. E credetemi, sarà abbastanza.

Effettivamente è così, l’intervento della sola BCE è sufficiente per garantire gli stati e la sopravvivenza dell’Eurozona. Argomento, questo, che oggi si afferma sempre di più.

Alla luce di ciò, c’era da aspettarselo che proprio quando si stava decidendo l’intervento del MES su larga scala, Draghi abbia deciso di dire nuovamente la propria, e che abbia esplicitamente voluto (e anche potuto in ragione dell’evolversi degli eventi) dichiarare la necessità di non porre attenzione ai vincoli di bilancio e di attuare immediatamente politiche espansive, i presupposti esattamente opposti al ricorso al MES, che in tal caso verrebbe sostanzialmente nuovamente neutralizzato.

Questo è quello che emerge da una valutazione complessiva dei fatti, in cui non mi avventuro di certo a dire che Draghi era assolutamente un buono, ma di certo è stato l’unico che ha posto un argine concreto al MES in favore degli interventi della BCE, e dunque in favore degli stati in difficoltà. Il resto lo vedremo con l’evolversi degli eventi.

Nel 2012 il clima non era evidentemente così favorevole, il diniego dei tedeschi avrebbe potuto far crollare l’Eurozona già allora, e forse per tale motivo in circostanze di crisi come quella cipriota la BCE ha effettivamente spinto per il ricorso al MES.

Infine, è importante sottolineare, come probabilmente la riforma del MES sia stata dettata dalla necessità di conferire a tale organizzazione quella legittimazione politica persa con le sentenze della CGE.

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Commenti

Luciano Emili | 29 Marzo 2020 at 17:36

Grande Lidia! Sempre brava!

Sergio Bevilacqua Docente LUMSA di Sociologia Generale | 30 Marzo 2020 at 08:43

Ottimo testo, particolarmente apprezzabile in relazione all’ “italianità” della candidatura Draghi al Governo dell’Italia.

Francesca | 30 Marzo 2020 at 12:37

Grazie dott.ssa per tutto il suo lavoro, le sue riflessioni sono chiare e spiegate molto bene! Francesca

Michele Zelli | 30 Marzo 2020 at 13:09

L’appello di Draghi sul FT è come l’appello di De Gaulle da Londra ai francesi il 18 Giugno 1940. Spero che Draghi sia il prossimo Presidente del Consiglio. Solo lui può fare uscire il paese dal dramma sanitario e economico.

ettore riccio | 31 Marzo 2020 at 00:56

Ma per me c’è una contraddizione lampante: Draghi ha fatto e fa di tutto per salvare l’euro. L’euro avvantaggia da sempre i tedeschi che esportano con una moneta per loro sottovalutata e hanno per di più lo spraad favorevole con cui si finanziano addirittura sottozero. Farlo saltare sarebbe per loro darsi la zappa sui piedi, ma si sa loro sotto ottusi e poco empatici verso gli altri paesi di questa disgraziatissima unione. Non è che Draghi quindi lavori alla fine per il loro interesse pur con gli ostacoli che da loro riceve? altrimenti che gioco fa a tenerci in questa moneta unica che ci ha impoverito ? crede che si arriverà, come ingenuamente (ed essere buoni) pensava Prodi all’inizio, poi ad una unione politica europea quando ogni giorno vediamo che invece si allontana ?inesorabilmente ?

Pierino Postacchini | 31 Marzo 2020 at 05:52

I CORONA BOND NON SONO LA SOLUZIONE PER L’EMERGENZA, OCCORRONO MISURE PIÙ VELOCI CHE SOLO LA BCE PUÒ ATTUARE Il problema della liquidità delle imprese e delle famiglie non può aspettare le decisioni della Commissione europea; lo strumento dei corona bond, è di difficile applicazione, occorre il consenso dei singoli paesi sulle modalità di emissione e di ripartizione del gettito. I corona bond potranno essere utilizzati per il post corona virus. L’Unione europea, ha già gli strumenti per fare arrivare liquidità ai singoli stati, l’art. 127 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (ex art. 105 del TCE), prevede “Fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nell’Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione definiti nell’articolo 3 del trattato sull’Unione europea. Il SEBC agisce in conformità del principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo una efficace allocazione delle risorse e rispettando i principi di cui all’articolo 119.” Come stabilito, gli obbiettivi del SEBC (Sistema europeo banche centrali) non sono relativi solo alla difesa dell’euro, tramite la stabilità dei prezzi, ma raggiunto tale obbiettivo, devono essere estesi anche alle politiche economiche degli stati membri ed anche all’occupazione (l’art. 3 del trattato “Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri”). L’emergenza corona virus, non si può dire che non sta minando la coesione economica, sociale e territoriale e la solidarietà tra gli Stati membri, per tali motivi, la BCE ha il dovere istituzionale di adottare le misure idonee per fronteggiare tale emergenza; la BCE non deve aspettare il consenso degli Stati membri, è un suo compito, anzi se non prende i provvedimenti necessari, un quarto dei parlamentari potrebbe chiedere ai sensi dell’art. 226 del TFUE la costituzione di una Commissione temporanea d’inchiesta per controllare il suo l’operato. In modo celere la BCE, con una semplice decisione, potrebbe cancellare il debito degli stati, tramite la monetizzazione dello stesso; la cancellazione del debito può avvenire, con una ripartizione che non favorisca nessuno Stato membro; per la cancellazione, possono essere utilizzate le percentuali in cui fu stabilito il QE di Draghi (Dec. UE 2015/774 del 4 marzo 2015, in base alle quote di capitale della BCE), oppure in alternativa, potrebbe essere attuata in modo tale che per ogni Stato membro il rapporto debito/pil si riduca del 20%. Al 20 marzo 2020 la BCE, per procedere alla cancellazione del debito, ha in bilancio 2.148,588 miliardi di titoli derivanti dal programma di acquisto per il settore pubblico (PSPP). La BCE con un giorno potrebbe procedere alla cancellazione di 1.500 miliardi (nel caso dell’Italia, potrebbe essere cancellato circa 300 miliardi di debito pubblico), ciò insieme al programma PEPP di 750 miliardi già attuato con decisione 2020/440/BCE, permetterebbe una liquidità immediata agli Stati membri di 2.250 miliardi. Con la cancellazione del debito e con l’eliminazione del patto di stabilità, i singoli Stati membri potranno attuare politiche di bilancio e finanziarle con l’emissione di titoli ventennali, che potranno essere acquistati dal mercato e/o dalla BCE. Tale liquidità arriva per 750 miliardi direttamente alle banche e per 1.500 miliardi direttamente agli Stati membri, i quali potranno attuare tutte le politiche economiche e fiscali da loro ritenute necessarie per l’emergenza. Se la BCE non prenderà tali provvedimenti, dobbiamo constatare che vi è un Trattato sul funzionamento dell’Europa solo formale e non sostanziale. Fermo li 29 marzo 2020 Pierino Postacchini

Mauro | 31 Marzo 2020 at 07:51

Pur se con tanti dubbi dobbiamo/possiamo credere che Draghi sia l’unico in grado di guidarci fuori dal pantano che ci stanno portando gli “scappatidacasa” dell’Armata Brancaleone che ci governa. Complimenti per l’articolo.

Alice | 31 Marzo 2020 at 13:42

Mi dispiace deludervi, ma Draghi non è improvvisamente diventato un novello Keynes da un giorno all’altro. Più banalmente, Draghi sta invocando quella che è la strategia da manuale del buon liberista: privatizzare i profitti in tempo di “pace” (attraverso politiche di austerità a vantaggio del grande capitale ecc.) e socializzare le perdite in tempo di “guerra”, attraverso un’espansione della spesa pubblica – ovviamente a debito – per tenere a galla il grande capitale (istituti finanziari in primis), esattamente come è accaduto nel 2007-2009. Passata la bufera si potrà poi tornare allegramente a privatizzare i profitti con ancora più veemenza di prima, adducendo proprio l’aumento del debito come scusa per implementare politiche di austerità ancora più severe, esattamente come è accaduto del decennio post-2007. https://www.lintellettualedissidente.it/corsivi/lettera-draghi-bce-europa-economia-coronavirus/

Virgilio | 31 Marzo 2020 at 22:43

Sono d’accordo con Alice ed Ettore, non credo proprio che Draghi da lupo rapace si sia trasformato in agnellino e che stia scendendo in campo per salvare l’Italia ma al contrario per dargli il colpo di grazia, dopotutto sono diversi mesi che si sta preparando la sua venuta, o no?

Andrea | 5 Febbraio 2021 at 07:07

La bce é al servizio delle banche e non degli stata, e non regala denaro ma lo presta,é solo una guerra tra due potentati,dobbiamo liberarci dell uno e dell altra per essere il terxo che gode

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